Resistenza al freddo e danni da gelo primaverile

Controllo molecolare della resistenza al freddo

La resistenza al freddo è la capacità delle piante di adattarsi e resistere alle temperature di congelamento. Le piante legnose resistenti al freddo possono sviluppare una tolleranza al gelo a temperature inferiori a -30°C e possono persino superare temperature estremamente basse fino a -196°C, come dimostrato per la betulla (Betula pubescens). Il principale stress a cui sono sottoposte le cellule durante il congelamento è la forte disidratazione indotta dalla presenza di ghiaccio extracellulare, che porta a danni strutturali alle membrane, alla denaturazione delle proteine e allo stress ossidativo. La resistenza al freddo è innescata da fattori ambientali che di solito precedono i periodi di congelamento, come il fotoperiodo breve e la bassa temperatura di non congelamento, ma anche da fattori endogeni come l’acido abscisico (ABA). Esistono diversi meccanismi di tolleranza associati che coinvolgono processi biofisici, tra cui il surraffreddamento profondo dei tessuti xilematici e l’esistenza di siti preferenziali per la formazione di ghiaccio, oltre alla produzione di metaboliti e proteine specifici e a cambiamenti nella struttura delle membrane. I cambiamenti nella composizione della membrana plasmatica sono una caratteristica chiave dell’acclimatazione al freddo, tra cui un aumento della desaturazione degli acidi grassi nei lipidi di membrana, che mantiene la fluidità funzionale della membrana alle basse temperature. È stato dimostrato che il contenuto di acqua e il potenziale osmotico delle gemme e del fusto diminuiscono in autunno e in risposta a un fotoperiodo breve. Questa disidratazione programmata contribuisce alla resistenza dei tessuti prevenendo la formazione di ghiaccio e riducendo gli effetti della disidratazione cellulare indotta dal gelo. Anche gli zuccheri svolgono un ruolo essenziale nell’acclimatazione al freddo, come dimostra la correlazione osservata tra il contenuto di zuccheri e la tolleranza al gelo nelle piante legnose, associata a vari processi, tra cui la formazione di una soluzione cellulare metastabile e l’osmoregolazione. Studiando il contenuto di zuccheri solubili e di enzimi metabolizzatori di saccarosio nel ciliegio dolce, è confermato che i contenuti di zuccheri solubili, zuccheri riducenti e saccarosio erano più elevati nelle fasi di acclimatazione al freddo rispetto alle fasi di non acclimatazione.

È stato dimostrato che gli ormoni vegetali, in particolare l’ABA e l’etilene, svolgono un ruolo essenziale nella segnalazione dello stress delle piante. I livelli di ABA aumentano nelle piante legnose in condizioni che portano all’acclimatazione al freddo e l’applicazione di ABA esogeno può aumentare la tolleranza al gelo senza esposizione a basse temperature. Oltre al ruolo dimostrato nella regolazione della dormienza, i livelli di etilene aumentano durante l’acclimatazione al freddo e l’etilene agisce come regolatore positivo della tolleranza al gelo delle piante attraverso l’attivazione dell’espressione genica indotta dal freddo e la produzione di proteine antigelo. Diversi studi su piante diverse hanno identificato proteine comuni associate alle basse temperature, come i geni regolati dal freddo (COR) e i fattori C-Repeat-Bind-inducibili dal freddo (CBF)/Dehydration-responsive element-binding1 (DREB1). I geni CBF sono indotti entro 15 minuti dall’esposizione della pianta al freddo, seguiti dall’induzione di geni bersaglio di CBF, il “regolone CBF”, che condividono tutti l’elemento LTRE/DRE/ CRT (low-temperature response element, drought responsive element, o c-repeat) nel loro promotore. La famiglia di proteine CBF sembra essere altamente conservata tra le specie vegetali. Tuttavia, la regolazione dei geni CBF nelle piante legnose sembra essere più complessa rispetto alle specie erbacee, con modalità di espressione specifiche per gene, tessuto ed età. Ad esempio, i geni CBF delle piante legnose sono indotti in varie condizioni, tra cui le basse temperature e il gelo, dopo l’esposizione a giorni brevi e la stagione di crescita, suggerendo che partecipano non solo all’acclimatazione al freddo stagionale, ma anche all’acclimatazione a episodi di gelo periodici durante la stagione di crescita.

Nel ciliegio dolce sono stati identificati almeno tre omologhi di CBF/DREB1 e la conservazione della funzione è stata confermata dalla sovraespressione di uno dei geni CBF/DREB1 del ciliegio dolce in Arabidopsis. In una delle linee di piante transgeniche, il gene target CBF/DREB1 cor15a è stato indotto in assenza di trattamento di stress e la pianta ha mostrato una maggiore tolleranza al congelamento. Anche un ortologo putativo di CBF1 della ciliegia acida ha dimostrato di essere sovra-regolato nelle foglie dopo l’esposizione al freddo, supportando così l’ipotesi che il sistema genico CBF sia ampiamente conservato. Alcuni geni DAM del pesco hanno elementi di risposta CRT/DREB nei loro promotori e un promotore del gene DAM del melo ha un elemento simile a CRT, suggerendo che la resistenza al freddo e le vie della dormienza sono intrecciate. In Arabidopsis, molti geni COR sono caratterizzati dalla presenza di un elemento CRT o DRE nel loro promotore e la loro regolazione aumenta in condizioni di non acclimatazione nelle piante transgeniche che sovraesprimono i geni CBF. Studi hanno dimostrato che l’espressione degli omologhi dell’Arabidopsis COR47 aumenta durante l’acclimatazione al freddo. Tra i geni COR, le Deidrine sono indotte da stress che causano disidratazione cellulare, tra cui le basse temperature e il congelamento, e i risultati ottenuti in un’ampia gamma di specie suggeriscono che le Deidrine operano come proteine protettive. In particolare, le Deidrine sono state caratterizzate nel pesco, indotte da basse temperature o stress idrico. Attualmente le conoscenze sulle Deidrine nel ciliegio sono molto limitate, ma uno studio sembra aver identificato proteine sensibili al freddo nei germogli di ciliegio.

I processi di de-acclimatazione e riacclimatazione rimangono meno conosciuti. La de-acclimatazione è spesso definita come una riduzione dei livelli di resistenza al freddo dovuta a diversi fattori come gli stimoli ambientali (temperature più calde e giornate più lunghe), i cambiamenti fenologici e la riattivazione della crescita. Nelle piante legnose, la de-acclimatazione avviene più rapidamente dell’acclimatazione al freddo. Questo processo, insieme al rinnovamento della crescita, è associato alla reidratazione dei tessuti e delle cellule e all’attivazione degli enzimi coinvolti nel metabolismo degli zuccheri. La capacità di de-acclimatazione e riacclimatazione gioca un ruolo significativo nel determinare la resistenza delle piante durante vegetazione dei germogli e la fioritura, quando le piante sono particolarmente vulnerabili al freddo, e può variare notevolmente tra specie e cultivar.

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Controllo molecolare della dormienza e della fioritura

Gli studi di ereditarietà sul controllo genetico del tempo di fioritura nel ciliegio hanno dimostrato che il rilascio della dormienza e il tempo di fioritura sono tratti poligenici. Il processo di fioritura nelle piante perenni è diverso da quello delle piante annuali, con il rilascio e il ripristino della dormienza delle gemme che sono specifici delle piante perenni. Negli alberi, e in particolare negli alberi da frutto in particolare, le gemme da fiore si differenziano nell’anno che precede la fioritura, ma il momento preciso della fioritura è determinato dalla risposta alla temperatura durante la dormienza. Nella pianta modello Arabidopsis, così come in molte altre piante annuali come il grano e il riso, l’analisi dei geni coinvolti nei processi di fioritura ha portato all’identificazione di quattro vie principali coinvolte nella trasduzione di segnali ambientali ed endogeni: la vernalizzazione, il fotoperiodo, l’acido gibberellico e le vie autonome; è stato inoltre identificato un gran numero di geni che regolano il tempo di fioritura. Nelle piante perenni legnose, gli studi genomici condotti su specie modello, tra cui Populus e pesco, hanno portato all’identificazione di geni candidati potenzialmente coinvolti nella risposta alla temperatura, controllando i tempi della dormienza e della fioritura. Nel complesso, gli approcci genetici e molecolari hanno rivelato una notevole conservazione dei percorsi genetici che regolano la fenologia e il percorso che controlla il tempo di fioritura in Arabidopsis.

In Arabidopsis, il locus “T” di fioritura (FT) agisce come attivatore centrale della fioritura, essendo uno dei principali punti di convergenza di tutte le vie di segnalazione che controllano il tempo di fioritura. Diverse analisi nelle piante perenni hanno portato a scoprire che gli omologhi di FT sono protagonisti dell’arresto della crescita, dell’allegagione e probabilmente dell’inizio della dormienza. Nel ciliegio dolce, come nel pesco, è stato identificato un solo omologo di FT. Questo gene si co-localizza con un QTL per la data di fioritura situato nel gruppo di linkage (LG) 6. Un altro gene chiave, Terminal Flower 1 (TFL1), è espresso in Arabidopsis durante la fase vegetativa e agisce in modo antagonista a FT per la determinazione della fioritura. Nelle piante legnose, i geni simili a TFL1 o altri membri della famiglia TFL1/Centroradialis (CEN) sembrano essere coinvolti nella fenologia del germoglio, compresa la cessazione della crescita e la dormienza. Diversi membri della famiglia TFL1/CEN sono stati isolati dal ciliegio dolce, ma la loro funzione non è stata decifrata con precisione. Le gibberelline (GA) sono mediatori chiave tra la percezione dei segnali ambientali e le conseguenti risposte di crescita, tra cui l’allungamento del fusto e il tempo di fioritura. In alberi ibridi transgenici di pioppo che esprimono in modo eccessivo i geni GA20ox, la cessazione della crescita apicale è stata ritardata, suggerendo così che i GA sono anche regolatori della cessazione della crescita negli alberi. L’analisi del trascrittoma delle gemme da fiore del pero giapponese (Pyrus pyrifolia Nakai) ha rivelato che anche i geni coinvolti nel metabolismo dei GA erano legati agli stadi di dormienza, poiché i trascrittori di GA20ox erano meno abbondanti durante l’ecodormienza, mentre GA2ox era incrementato dopo il rilascio della dormienza. Entrambi gli omologhi di GA2ox e GA20ox si trovano nell’intervallo di confidenza del QTL della data di fioritura su LG4 nel ciliegio dolce. Sembrano quindi essere geni candidati seri per il controllo dell’epoca di fioritura e della dormienza.

Molte ricerche hanno caratterizzato l’”Ever-green”, un genotipo di pesco non dormiente che non riesce a cessare la crescita e a entrare in dormienza in condizioni di induzione della dormienza. Gli studi genomici hanno rivelato che il mutante è affetto da una mutazione in un gruppo di sei geni Dormancy Associated MADS-box (DAM). Questi geni appartengono alla sottofamiglia Short Vegetative Phase/Agamous-Like 24 (SVP/AGL24) dei geni MADS-box di Arabidopsis, noti per agire nella risposta della fioritura ai segnali ambientali. I geni DAM sono regolati stagionalmente e la loro espressione sembra essere correlata agli stadi di dormienza. In particolare, i geni DAM5 e DAM6 del pesco sono sovra-regolati durante l’arresto della crescita e la loro espressione è successivamente inibita dalle temperature di raffreddamento durante l’inverno, suggerendo così un ruolo nell’instaurazione e nel mantenimento della dormienza. Questi modelli di espressione sono stati confermati nel ciliegio cinese (Prunus pseudocerasus). Nel ciliegio dolce, DAM5 e DAM6 si co-localizzano con un QTL importante per il tempo di fioritura in LG1, ma è probabile che anche altri geni giochino un ruolo cruciale nella regolazione della dormienza, dato che in quello studio il QTL con l’effetto maggiore si trova in LG4.

Sia nel sistema di endodormienza che in quello di vernalizzazione, i processi che portano alla fioritura e all’induzione floreale, rispettivamente, sono attivati dopo che le piante sono state esposte a una certa quantità di freddo, suggerendo meccanismi di risposta simili. Le vie di segnalazione che controllano la risposta alla vernalizzazione in Arabidopsis sono state studiate in dettaglio e coinvolgono il rimodellamento cromatinico di un repressore centrale della fioritura, il fattore di trascrizione MADS- box Flowering Locus C (FLC). Nel ciliegio dolce, diversi geni candidati identificati come omologhi di geni di Arabidopsis coinvolti nel rimodellamento della cromatina o in complessi di modificazione sono stati localizzati nei principali QTL per la fioritura e la dormienza, come Embryonic Flower2 (EMF2), Photoperiod-Independent Early Flowering 1 (PIE1) e Actin-Related Protein 4-Like (ARP4). Al momento, non è stato trovato alcun sito FLC né nella sequenza genomica del pesco né nelle sequenze trascritte disponibili del ciliegio dolce, per cui la ricerca dell’attore chiave nella risposta alla dormienza al freddo prolungato è in corso. Tuttavia, è interessante notare che, come nel caso della regolazione di FLC, nei geni DAM sono stati osservati rimodellamenti della cromatina e modifiche degli istoni in seguito all’esposizione prolungata alle basse temperature, suggerendo un’altra somiglianza tra le vie di segnalazione che controllano la fioritura in Arabidopsis e la regolazione dei cicli di crescita e dormienza negli alberi.

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Controllo degli stadi di dormienza tramite temperatura e fotoperiodo

Poiché la dormienza è un meccanismo che si è evoluto per consentire alle piante di sopravvivere alle condizioni avverse dell’inverno nei climi temperati e freddi, l’inizio dell’endodormienza prima dell’arrivo di temperature estreme è essenziale. La cessazione della crescita dell’allungamento apicale e l’allegagione delle gemme sono i processi iniziali che delimitano il ciclo di dormienza. Dopo l’inizio dell’allegagione, l’attività organogena continua per diverse settimane. Nel ciliegio dolce, la differenziazione degli organi floreali continua durante l’instaurazione della dormienza. Fotoperiodo e temperatura sono i principali fattori ambientali che controllano l’allegagione dei germogli, con un contributo relativo che varia a seconda delle specie. Nel pero e nel melo, l’arresto della crescita e l’induzione e il rilascio dell’endodormienza sono indotti dalla bassa temperatura. Tuttavia, in diversi Prunus spp. e ibridi interspecifici, un’interazione tra fotoperiodo e temperatura controlla l’arresto della crescita e l’endodormienza. Utilizzando piantine giovani in vaso non fruttifere o piante derivate da colture di tessuti, è stato dimostrato che dopo 8 settimane di trattamento a bassa temperatura si raggiunge uno stato di endodormienza relativamente profondo. Nel Prunus cerasus e nel Prunus avium, l’insorgenza dell’endodormienza era insensibile al fotoperiodo a temperature elevate, mantenendo una crescita continua. Tuttavia, a temperature più basse, la crescita era controllata dall’interazione tra fotoperiodo e temperatura. Questa interazione era più forte nel P. cerasus e nei semi di ciliegio selvatico che nei cloni di ciliegio coltivato. P. cerasus e il ciliegio selvatico richiedevano la combinazione di bassa temperatura e giorni brevi per l’arresto della crescita e la formazione di germogli invernali, mentre P. avium ha mantenuto una crescita attiva in condizioni di giorno corto fino a temperature moderatamente basse (9°C). Questa interazione tra fotoperiodo e temperatura suggerisce che Prunus spp. possa avere un doppio sistema di controllo dell’induzione dell’endodormienza, che prevede l’arresto tempestivo della crescita e l’induzione dell’endodormienza in risposta alla progressiva diminuzione della lunghezza del giorno e della temperatura in autunno. È anche probabile che questo sistema di induzione sia modulato ulteriormente dalla giovinezza e dalla maturità. Nei ciliegi da frutto, che sono piante innestate in modo combinato, di solito di una specie su un’altra o su un ibrido interspecifico, i cambiamenti nelle dinamiche ormonali e nella suddivisione di nutrienti e carboidrati dovuti alle interazioni portainnesto-innesto e al passaggio da alberi non riproduttivi alla produzione di fiori e frutti modificano chiaramente la risposta dell’albero al fotoperiodo e alla temperatura, determinando l’arresto della crescita prima della metà o della fine dell’estate rispetto a quanto previsto dagli esperimenti in ambiente controllato.

Una volta indotta l’endodormienza, sono necessari periodi di freddo per avviare la crescita e la fioritura in primavera. Nelle specie di rosacee, l’induzione e il rilascio dell’endodormanzia sono guidati da condizioni di temperatura simili. I periodi di freddo necessarie per la transizione dall’endodormienza all’ecodormienza sono note come “chilling requirement” (CR). Come nel caso dell’induzione dell’endodormienza, il CR non è una costante assoluta per una determinata cultivar e può variare in base a molti fattori, come le condizioni climatiche, il periodo giovanile e le condizioni di stress. Nel melo è dimostrata una tendenza ad intensificare l’endodormienza quando la temperatura di formazione delle gemme era più elevata. In altre specie, le alte temperature hanno indotto l’endodormienza più velocemente e più in profondità (aumentando la richiesta di raffreddamento) rispetto alle basse temperature. Inoltre, lunghi periodi di tempo durante l’endodormienza con temperature calde superiori a 16°C possono invertire le unità di raffreddamento accumulate e aumentare la CR necessaria per la transizione endodormienza-ecodormienza.

Data l’importanza del freddo invernale per la produzione di frutta nelle zone temperate, sono stati compiuti numerosi sforzi per modellare questo fattore agroclimatico. I modelli più utilizzati in orticoltura sono il modello delle ore di refrigerazione, il modello Utah e il modello dinamico. Nel modello delle ore di refrigerazione, le temperature comprese tra 0 e 7,2°C sono considerate come aventi un effetto refrigerante per l’attenuazione dell’ecodormienza, con ogni ora a temperature comprese tra queste soglie che contribuisce per 1 ora di refrigerazione. Il modello dello Utah propone pesi diversi per la temperatura, compresi valori negativi per temperature superiori a 15,9°C. Il modello dinamico ipotizza che il freddo si accumuli con un processo a due fasi e che il freddo ricevuto possa essere rafforzato da temperature moderate. Questi modelli non sono proporzionali e i CR determinati in una determinata località possono non essere validi altrove. Inoltre, il CR di una determinata cultivar può variare a seconda delle condizioni climatiche, sia per variazione annuale sia quando viene coltivata in una regione diversa, come dimostrato nel caso del pesco e dell’albicocco. Inoltre, i metodi per stabilire la data di rilascio dell’ecodormienza e per calcolare i CR non sono standardizzati e possono falsare i valori disponibili per una determinata cultivar. Per evitare il problema della standardizzazione e i lunghi protocolli necessari per valutare la CR, è possibile utilizzare la regressione parziale ai minimi quadrati quando sono disponibili serie di dati fenologici a lungo termine, anche se i dati sperimentali saranno sempre necessari per valutare le stime.

I CR del ciliegio variano molto a seconda della cultivar e delle condizioni climatiche .Il CR di un gruppo di sette cultivar nel sud della Spagna, che variava da 30,4 (“Cristobalina”) a 57,6 (“Marvin”) unità di raffreddamento è stato calcolato utilizzando il modello dinamico, e stimato l’altitudine sul livello del mare necessaria per ogni cultivar per soddisfare la CR in una zona a inverno caldo, trovando una gamma completa di porzioni di freddo da 40 a 85 nel sud-ovest della Francia in una popolazione derivata da ‘Regina’ e ‘Garnet’ valutata per tre anni consecutivi.

I principali sintomi dell’inadeguatezza del raffreddamento negli alberi da frutto temperati sono l’apertura ritardata delle gemme, la riduzione dell’apertura delle gemme e l’irregolarità dell’apertura delle gemme e della fioritura. Nel ciliegio dolce, tenere conto della durata del raffreddamento è fondamentale per garantire una produzione redditizia. La bassa produttività di ‘Burlat’ negli inverni miti è dovuta in gran parte alla mancanza di refrigerazione, che porta a un basso tasso e a una sporadica aperura delle gemme, oltre a varie anomalie anatomiche nei boccioli, come l’assenza di pistilli, ovuli atrofizzati e polline immaturo. Nelle regioni a clima caldo della Cina meridionale, sono stati descritti anche nel ciliegio dolce una scarsa allegagione, organi floreali anomali e crescita irregolare dei frutti. La scarsa allegagione è legata a un inadeguato sviluppo degli ovuli e dei sacchi embrionali nelle zone a inverno mite.

Una volta terminata l’ecodormienza, sono necessarie temperature calde per riprendere la crescita e raggiungere la fioritura. Questo è il cosiddetto fabbisogno di calore (HR) per il passaggio dall’ecodormienza alla crescita attiva. Non è ancora chiaro se le cultivar abbiano HR specifici per la fioritura o se la data di fioritura sia determinata fondamentalmente dalla CR. Diversi studi hanno dimostrato che i CR hanno effetti molto più forti sulla data di fioritura rispetto agli HR nel ciliegio dolce, così come in altri Prunus spp. come l’albicocco, il mandorlo e il pesco. Nel ciliegio dolce, un’analisi pluriennale del locus quantitativo (QTL) del tempo di fioritura, della CR e dell’HR ha dimostrato che la componente altamente ereditabile del tempo di fioritura è la CR e che l’HR ha un’elevata interazione genotipo-ambiente. Di conseguenza, è essenziale valutare correttamente la risposta alle temperature calde e anticipare il periodo di fioritura. L’effetto della temperatura sul tasso di sviluppo della pianta può essere modellato e spesso viene descritto utilizzando il concetto di tempo termico. Diversi metodi proposti includono i gradi giorno di crescita, le ore di crescita e le unità fototermiche. Questi modelli presuppongono che il calore si accumuli quando le temperature giornaliere o orarie superano una temperatura di base, a partire da una data fissa, ad esempio il 1° gennaio, o in seguito al soddisfacimento del CR. Più recentemente, sono stati proposti diversi modelli per la previsione della fioritura del ciliegio acido e dolce basati su CR e HR sviluppando un modello a più stadi nel ciliegio dolce per prevedere l’epoca di fioritura in un clima temperato, che prevedeva stime separate del soddisfacimento della CR, un periodo di ritardo dopo il rilascio dell’endodormienza senza che si verificasse alcuna attivazione e una fase finale di attivazione della crescita verso la fioritura. Il modello ha dimostrato un errore assoluto medio di 1,6-2 giorni per la stima della piena fioritura. Inoltre, i modelli fenologici per la fioritura del ciliegio e del ciliegio dolce hanno convalidato l’idea che l’aggiunta di un termine di lunghezza del giorno nelle equazioni di forzatura migliora la capacità predittiva dei modelli.

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Primi risultati prodotti dall’azienda agricola Naturaviva, partner del progetto E-Shelter

Le prime ciliegie pugliesi saranno in raccolta tra poche ore

Estratto da Fresh Plaza – Data di pubblicazione ven 5 apr 2024

Per il cerasicoltore pugliese Antonio Guglielmi, titolare della società agricola Naturaviva, la campagna 2024 segna un anticipo di circa due settimane rispetto a quella passata. Il primo stacco delle ciliegie relative alle varietà precoci sotto copertura è stato fissato per domenica 7 aprile. La merce verrà conferita all’O.P. Agritalia e commercializzata dalla società Orchidea Frutta di Rutigliano, in collaborazione con Spina Fruit.

“Entro maggio, tutti i volumi saranno raccolti e commercializzati – afferma l’imprenditore. Nelle prossime ore, partiremo con la raccolta e si ritornerà in campo ogni 2-3 giorni. Lo scorso anno abbiamo iniziato a raccogliere i frutti il 23 aprile, ma stavolta la stagione parte con un netto anticipo, complice soprattutto il clima favorevole, con giornate soleggiate e miti. I frutti si presentano con una colorazione uniforme e di buona consistenza. I calibri variano tra 28 e 32 mm per le varietà tradizionali e da 28 a 30 mm per quelle a basso contenuto in freddo”.

L’andamento climatico dei mesi precedenti, privo di importanti e durature giornate tipiche invernali, pare abbia portato con sé alcune conseguenze. “È una campagna caratterizzata da irregolarità e difformità – precisa Antonio Guglielmi – in quanto molte varietà tradizionali non hanno soddisfatto il fabbisogno in ore di freddo, generando un disomogeneo risveglio vegetativo. Infatti, sulla stessa pianta sono visibili fiori, gemme in fase di apertura e frutti già formati. Le varietà a basso fabbisogno in freddo non hanno sofferto”.

Anche Michele Laporta, presidente dell’OP Agritalia, ha voluto esprimere la sua soddisfazione per i risultati produttivi raggiunti dall’associato. “Saremo tra i primi a testare i mercati. In Puglia, si respira già aria d’estate e tra pochi giorni i consumatori potranno gustare le prime ciliegie italiane dell’anno. I segnali dagli operatori sembrano molto positivi, ci auguriamo che una ciliegia tiri l’altra”.

https://www.freshplaza.it/article/9614758/le-prime-ciliegie-pugliesi-saranno-in-raccolta-tra-poche-ore/

Ciliegie in anticipo: quando a fare la differenza è la tecnica di copertura

Estratto da Fresh Plaza – Data di pubblicazione lun 8 aprile 2024

In Puglia, alcuni impianti di ciliegie sono già in maturazione e in raccolta. Per i cerasicoltori, programmare un primo stacco entro la metà di aprile non è più una novità, poiché ormai consapevoli dei vantaggi ottenuti dai sistemi di copertura innovativi, capaci di gestire in modo ottimale i cambiamenti climatici, nonché la temperatura e l’umidità all’interno della struttura tramite un corridoio d’areazione centrale facilmente regolabile.

Impianto di ciliegio coperto con corridoio centrale di aerazione

Walter Ruggia, responsabile della ricerca e sviluppo di Retilplast, spiega che il segreto per poter ottenere un anticipo di 15-20 giorni rispetto alle produzioni in pieno campo stia nel conoscere quando aprire e chiudere il corridoio centrale, largo fino a un metro, a seconda del periodo e dell’andamento climatico.

“La temperatura all’interno della serra deve mantenersi tra 22° e 28° C per buona parte del periodo di sviluppo e accrescimento dei frutti. Ormai da tempo, alcuni nostri clienti e amici pugliesi arrivano sui mercati in anticipo, spuntando prezzi decisamente soddisfacenti. Risultati raggiungibili anche quando le annate sembrano particolarmente difficili dal punto di vista climatico, proprio come quella attuale, caratterizzata da un andamento invernale mite. L’anticipo si riesce a ottenere regolando l’areazione e le temperature sotto la copertura. Occorre chiudere il corridoio centrale a febbraio per stimolare il risveglio vegetativo e poi riaprirlo quando comincia la fioritura, favorendo la circolazione delle api ed evitando che il clima rimanga umido. In seguito alla fase della scamiciatura, è consigliabile invece richiudere il corridoio, proteggendo così il futuro raccolto da eventuali ritorni di freddo ed eventi meteo sgradevoli”.

Ciliegie in maturazione. Foto scattata il 5 aprile 2024

“Di solito, proprio nel momento in cui viene raccolta l’ultima ciliegia sotto ai nostri sistemi di copertura, nei ceraseti scoperti inizia invece la stagione”, precisa Ruggia.

“I prezzi di vendita rientrano tra gli aspetti più interessanti, per chi decide di investire in tali coperture: le ultime ciliegie raccolte sotto i teli ottengono quotazioni anche raddoppiate rispetto alle produzioni in campo aperto, poiché i frutti sono di calibri più grandi, esteticamente più belli, colorati in modo omogeneo, privi di spaccature, ammaccature o macchie”.

https://www.freshplaza.it/article/9615087/ciliegie-in-anticipo-quando-a-fare-la-differenza-e-la-tecnica-di-copertura

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Gelate medio-tardive

Introduzione

La sopravvivenza e la produzione di piante legnose e perenni nelle zone temperate e boreali dipendono dalla precisa tempistica dei periodi di crescita e di riposo in sincronia con le variazioni stagionali della temperatura. Nel ciliegio, diverse fasi della crescita sono soggette a un rigido controllo della temperatura o sono a rischio di temperature estreme, tra cui la dormienza, la fioritura e lo sviluppo dei frutti. Per sopravvivere alle temperature rigide dell’inverno, il ciliegio e altre piante perenni hanno sviluppato meccanismi di adattamento che comprendono la cessazione dell’attività meristematica e dell’allegagione e una tolleranza acquisita al freddo. Nella maggior parte delle piante legnose dei climi temperati, questi processi sono indotti dalla diminuzione del fotoperiodo e della temperatura, che porta a una maggiore tolleranza al freddo e alla caduta delle foglie. In primavera e in estate, le temperature calde e afose possono influire anche sulla qualità dei fiori e dei frutti. Queste limitazioni hanno un forte impatto sulla produzione e, nel contesto del riscaldamento globale, è essenziale avere una migliore comprensione delle limitazioni basate sulla temperatura per anticipare i futuri cambiamenti di produzione e le esigenze di ricerca. In particolare, le risposte alla temperatura sono in parte determinate geneticamente, ed è importante tenerne conto per le future strategie di allevamento adattate a climi specifici, soprattutto nelle regioni esposte a inverni più caldi o più variabili.

Controllo della temperatura di dormienza

Per gli alberi in generale e per il ciliegio in particolare, una delle strategie per sopravvivere alle gelide temperature invernali è il periodo di dormienza, che è fortemente influenzato dalle variazioni di temperatura. I ciliegi fruttiferi in genere mettono le gemme terminali (cessando la crescita attiva dei germogli) a metà o alla fine dell’estate, quando il fotoperiodo diminuisce. In autunno, il passaggio a giornate corte seguito da un calo della temperatura aumenta la profondità della dormienza e avvia il processo di acclimatazione al freddo. Questo periodo può essere distinto in due fasi principali: (i) l’endodormienza, principalmente sotto il controllo delle temperature fredde e definita come l’incapacità di iniziare la crescita dai meristemi in condizioni favorevoli, seguita da (ii) l’ecodormienza, che corrisponde al periodo durante il quale i meristemi possono riprendere la crescita se le temperature sono ottimali. Poiché la qualità della fioritura e della produzione di frutti dipende direttamente dalle condizioni ottimali durante la dormienza, è fondamentale una conoscenza esaustiva del controllo endogeno e ambientale dei processi coinvolti.

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La cerasicoltura coperta dà una garanzia di reddito vicina al 100%

Parla un imprenditore della Puglia

Estratto da Fresh Plaza

Ha terminato la raccolta delle sue ciliegie proprio ieri (11 maggio 2023) Antonio Guglielmi, un cerasicoltore pugliese che sin da subito ha compreso quanto sia fondamentale proteggere i suoi impianti, specie in un epoca in cui gli eventi meteorologici avversi sono frequenti e dannosi.

“Ad ogni campagna – ci spiega soddisfatto del lavoro eseguito anche quest’anno – quasi la totalità della produzione viene destinata al mercato del fresco. Le mie prime coperture risalgono a 25 anni fa. La cerasicoltura coperta dà una garanzia di reddito vicina al 100%, eppure nella mia regione risulta essere coperta solo una percentuale insignificante di ceraseti, nonostante la sola provincia di Bari rappresenti il 34% della produzione nazionale”. 

Le precipitazioni e quindi l’alto tasso di umidità sono tra i principali nemici della coltivazione delle ciliegie. “In una stagione come quella attuale, in cui le precipitazioni sono incessanti, la gestione della produzione diventa complessa. In Puglia, infatti, si stanno verificando giorni di pioggia significativi, che, insieme alle raffiche di vento, continuano a compromettere il raccolto e quindi a creare spaccature, ammaccature o macchie sui frutti”.

La totalità delle superfici dell’imprenditore pugliese sono protette da due tipologie di coperture: una serra standard e datata e una tenso-struttura con corridoio centrare e laterale apribili (progetto Eshelter regione Puglia Mis. 16.2), entrambi coperte con il film termoplastico a luce diffusa della Retilplast.

“Un altro fattore positivo che riscopro ogni anno è la maggiore qualità del prodotto ottenuto sotto copertura rispetto a quello coltivato in pieno campo, sia in termini di calibro sia di serbevolezza. Le coperture  consentono all’agricoltore di raccogliere anche quando piove, permettendogli quindi di essere presente sui mercati a prezzi alti, piuttosto che arrestare le attività, con conseguente selezione dei frutti, e sperare poi che non si verifichino contestazioni e deprezzamento della merce”.

https://www.freshplaza.it/article/9528774/la-cerasicoltura-coperta-da-una-garanzia-di-reddito-vicina-al-100/?utm_medium=email

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Quando a fare la differenza è una tenso-struttura

Ciliegie pugliesi già in raccolta

Estratto da Fresh Plaza

Solo tre giorni di ritardo sulla tabella di marcia per un cerasicoltore pugliese, nonostante l’andamento climatico che quest’anno pare davvero sfavorevole.

“Dopo aver raccolto un tunnel di varietà antica e autoctona chiamata  Palombara, inizierò domenica (23 aprile 2023) con il primo stacco della varietà precoce Early Bigi. Operazioni che dureranno circa 10 giorni. I frutti hanno una pezzatura tra 30 e 32 mm, oltre a presentarsi di ottimo sapore e di buona consistenza. Le produzioni verranno interamente conferite all’OP Agritalia. Non avrei mai potuto ottenere un simile risultato agronomico, se non avessi creduto fin dall’inizio nelle soluzioni di copertura Retilplast”.

A parlare da Bisceglie è Antonio Guglielmi (in foto sopra), titolare della società agricola Naturaviva, nonché componente di Agromnia, una società di consulenza agronomica composta da un pool di professionisti. 

“L’andamento climatico è risultato finora pessimo – riprende l’imprenditore pugliese – Abbiamo avuto un inverno caldo con sprazzi di gelo e poi frequenti ritorni di freddo. Adesso, invece, piove per giorni interi e ciò porta il tasso di umidità alle stelle. I miei ceraseti sono però totalmente coperti, al sicuro sia da shock termici sia da altre dinamiche spiacevoli. Trattasi di una tenso-struttura alta 3,20 m, che prevede un corridoio di areazione centrale e delle aperture laterali. Il tutto è coperto da film termoplastico Plus e da una rete anti-insetto. Quando la temperatura sale, all’interno della serra si raggiungono al massimo i 30° C; quando invece fa freddo, si riescono a recuperare anche 4° C rispetto all’esterno”.

Il corridoio di aerazione variabile fino a un metro consente all’agricoltore di gestire in modo ottimale la temperatura e l’umidità all’interno della struttura, grazie alla maggiore circolazione dell’aria. Ciò comporta un anticipo della maturazione dei ciliegeti, dovuto all’alta luce diffusa e all’ottima trasparenza del telo, e quindi un avvio dell’annata quando i prezzi sono decisamente soddisfacenti. 

La tipologia di copertura utilizzata nel ceraseto di Guglielmi è stata concordata e condivisa con Retilplast, l’azienda campana che produce, trasforma e commercializza film e teloni rinforzati,  nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal PSR Puglia (Misura 16.2 – E.Shelter). 

https://www.freshplaza.it/article/9522451/ciliegie-pugliesi-gia-in-raccolta/

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1.2 Piattaforma E-Shelter

Abbiamo verificato l’affidabilità e la stabilità del sistema di monitoraggio in campo appena completata l’installazione della strumentazione e della sensoristica. Infine, abbiamo stabilito il collegamento tra la centralina che gestisce i diversi sensori ambientali e un laptop grazie alla rete WiFi generata dal router dedicato montato a servizio della centralina su palo e quindi sui sensori collegati.

I dati sono archiviati secondo i propri parametri sull’apposita piattaforma raggiungibile al link: https://eshelter.dyrecta.com/

I valori relativi ai parametri misurati in campo vengono inviati ad intervalli regolari. Attraverso la piattaforma E-Shelter è possibile visualizzare i valori relativi a:

  • Temperatura pt 1000 (temperatura al suolo), misurata in °C;
  • Temperatura dell’aria, misurata in °C;
  • Umidità dell’aria, misurata g/m3;
  • Pressione dell’aria, misurata in Pa;
  • Bagnatura fogliare, in %;
  • Watermark (umidità al suolo), misurata in Hz;
  • Raggi UV, misurati in µm-2s-1;
  • Velocità vento, misurata in km/h;
  • Direzione del vento;
  • Impulsi;
  • Precipitazioni, mm/h;
  • Livello batteria, misurata in %;
  • Voltaggio batteria, misurato in V.

Esempi dei dai raccolti:

II valori di umidità dell’aria variano in un intervallo compreso tra circa 46 e 50 g/m3, mentre la temperatura dell’aria varia da un valore minimo di 4.26 °C ad un massimo di 5.6 °C. Il sensore Watermark ha registrato valori di frequenza compresi tra 2874 e 2890 Hz.

A differenza dell’estratto precedente, in questo caso vengono registrati valori di umidità dell’aria più elevati, in un range compreso tra 47 e 75 g/m3 circa. In particolare, le osservazioni n. 149 e 150 riportano livelli di precipitazioni attorno ad 1 mm/h e la presenza di un nuovo impulso relativo al pluviometro. Questo impulso indica quindi un’interruzione del microcontrollore in relazione ad un evento di svuotamento del contenitore. Con riferimento alle stesse osservazioni, si riportano valori di bagnatura fogliare diversi da 0, pari rispettivamente a 2,384 e 3,787 %. Le stesse osservazioni riportano per il sensore Watermark valori di frequenza compresi tra 2976 e 2994 Hz.

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Dimostrazione in campo

1.1 Sensoristica IoT E-Shelter

Abbiamo assemblato ed installato il sistema Smart Agriculture PRO Libelium sul sito di Conversano per il monitoraggio in tempo reale dei parametri di interesse. Al fine abbiamo montato:

  • Centralina Smart Agriculture PRO;
  • Stazione meteo e pluviometro;
  • Sensore radiazione solare;
  • Sensore umidità al suolo (Watermark);
  • Sensore temperatura al suolo;
  • Sensore bagnatura fogliare;
  • Sensore temperatura, umidità, pressione atmosferica;
  • Pannello solare esterno;
  • Batteria esterna supplementare.

Alcuni sensori non consentono la misura diretta del parametro di interesse ma necessitano una conversione di misura. In particolare, il sensore Watermark che abbiamo collocato ad una profondità pari a circa 20 cm, consente la misura diretta della resistenza agli elettrodi. Il valore di resistenza è proporzionale alla tensione idrica del suolo, che riflette la pressione necessaria per estrarre l’acqua dal terreno e quindi la disponibilità di acqua per la pianta.

Anche il sensore pt 1000 di temperatura lavora nel terreno ad una profondità di circa 20 cm. Il sensore di tipo resistivo varia i propri valori – nelle più comuni applicazioni agricole la resistenza varia tra i 900 e 1200 Ω – in funzione di un range di temperature comprese tra -20 e 50 °C circa. Un’apposita libreria converte i valori di resistenza nei corrispondenti gradi Celsius.

Il sensore di bagnatura fogliare misura valori di tensione in uscita che sono inversamente proporzionali all’umidità condensata sul sensore. Pertanto, i valori in uscita corrispondono alla percentuale di condensa presente sul sensore.

Il sensore di radiazione ultravioletta UV restituisce la tensione proporzionale all’intensità della luce nel range ultravioletto dello spettro elettromagnetico. Questo valore viene trasformato in valore di irradianza, ossia potenza incidente per unità di superficie.

Il pluviometro è costituito da un contenitore che si chiude una volta riempito completamente di acqua per poi svuotarsi automaticamente. Attraverso una resistenza, viene attivata l’interruzione quando la quantità di pioggia provoca un evento di svuotamento del contenuto. Una struttura interna del sensore consente la memorizzazione del numero di interruzioni del pluviometro avvenute nelle ultime 24 ore. Ogni nuovo impulso viene quindi memorizzato attraverso un’apposita funzione che viene chiamata ogni volta che viene generata una nuova interruzione pluviometrica. In particolare, una funzione specifica calcola la quantità di precipitazioni in mm registrate nell’ultima ora restituendo come output questo valore.

Le fotografie mostrano le operazioni di installazione in campo.

Successivamente abbiamo montato un blocco aggiuntivo inclusivo sia della batteria collegata al pannello solare che del router WiFi per la trasmissione dei dati.

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Gestione malattie fungine

Introduzione

In generale, affinché si verifichi una malattia fungina è necessario che siano presenti tre fattori: (i) la presenza del patogeno, (ii) condizioni climatiche adatte e (iii) un tessuto ospite adatto. La presenza del patogeno è evitabile per le malattie con uno spettro d’ospite ristretto e per le quali le fonti primarie di inoculo si trovano negli alberi. I frutti mummificati sono un esempio tipico, poiché è facile evitarne la formazione raccogliendo l’intera produzione e, se presenti, possono essere rimossi durante la potatura e la formazione degli alberi. Tuttavia, questo avviene solo nei sistemi di coltivazione intensiva. L’inoculo di patogeni con uno spettro di ospiti più ampio non è altrettanto facile da evitare, ma è possibile ridurre i livelli di inoculo rimuovendo i potenziali ospiti nell’ambiente circostante. Le condizioni climatiche possono essere ottimizzate per prevenire il rischio di malattie. Su scala locale, l’ubicazione del frutteto è essenziale, ad esempio scegliendo un luogo con una buona circolazione dell’aria e un buon drenaggio. Su scala microclimatica, la distanza di impianto, il vigore degli alberi, la formazione e la potatura influenzano l’apertura della chioma e quindi il rischio di umidità. Inoltre, i sistemi di copertura riducono l’acqua sugli alberi. Il tessuto ospite adatto varia a seconda delle cultivar, ma nessuna cultivar è resistente a tutte le malattie. Nelle ciliegie gli alberi sono più suscettibili alle infezioni durante la fioritura e in prossimità della raccolta. Infatti, in prossimità della raccolta, il frutto diventa sempre più vulnerabile a causa dell’ammorbidimento del tessuto, che rende i nutrienti più facilmente disponibili per il patogeno.

Inoltre, nell’ultima parte dello sviluppo del frutto, con il rapido aumento delle dimensioni, la cuticola può rompersi. Le ferite e i tessuti indeboliti (ad esempio i frutti doppi o abortiti) mostrano una maggiore suscettibilità ai patogeni. Gli uccelli o gli insetti come le vespe possono trasportare le spore fungine nella ferita. Inoltre, i danni provocati da insetti e uccelli offrono aperture adatte anche a patogeni deboli. Sono disponibili in commercio reti per uccelli o altri strumenti per allontanarli. Le irrorazioni preventive o curative con fungicidi prima della raccolta sono un modo possibile per evitare o controllare le infezioni. Un programma tipico di irrorazione nel ciliegio dolce è: frequente durante il periodo della fioritura, meno durante lo stadio di frutto verde e di nuovo frequente prima della raccolta. Nel ciliegio acido, le irrorazioni sono più mirate alla protezione delle foglie e si usa spruzzare regolarmente per tutta la stagione.

È essenziale evitare i marciumi post-raccolta delle ciliegie acide e dolci a causa dell’elevato valore commerciale dei prodotti. La presenza del patogeno può essere costituita da infezioni latenti nel frutto o da inoculo fungino sulla superficie, introdotto prima o durante la manipolazione post-raccolta. La contaminazione da frutto a frutto è essenziale. La sanificazione delle macchine e l’uso di acqua clorata negli idro-frigoriferi e nelle selezionatrici riducono l’inoculo e il rischio di possibili contaminazioni. Si stanno studiando additivi alternativi al cloro. In post-raccolta, le condizioni climatiche possono essere controllate meglio che in campo. La temperatura è essenziale per controllare i patogeni fungini. Il raffreddamento immediato al momento della raccolta, la conservazione a freddo e una catena del freddo continua limitano lo sviluppo della maggior parte dei patogeni. Poiché le ciliegie dolci tollerano un elevato livello di CO2, anche lo stoccaggio in atmosfera controllata o il confezionamento in atmosfera modificata con CO2 elevata e O2 basso limitano lo sviluppo dei funghi. Durante la conservazione, i tessuti dell’ospite diventano gradualmente più adatti alla crescita dei funghi. Inoltre, le ferite dovute alla manipolazione e alla degradazione dei tessuti aumentano la suscettibilità. I trattamenti post-raccolta possono includere anche fungicidi, che però non sono ammessi in tutti i Paesi.

Malattie della frutta

Marciume bruno

Il marciume bruno, la principale malattia delle ciliegie dolci e acide in tutto il mondo, è causato da quattro specie del genere Monilinia: Monilinia laxa Honey e Monilinia fructicola (G. Wint.) Honey, Monilinia fructigena Honey in Whetzel e Monilinia polystroma (G.C.M. Leeuwen) Kohn. Esistono differenze nella distribuzione geografica di queste specie. In generale, M. laxa è presente in tutto il mondo, mentre M. fructicola è essenziale in Nord America, Australia e Nuova Zelanda. Allo stesso tempo, M. fructigena è più comune in Europa e in Medio Oriente. M. polystroma sui frutti di ciliegio è stata segnalata solo in Polonia. Monilinia spp. è polifaga, ma il suo ospite principale sono le colture di frutta.

L’infezione di Monilinia spp. può causare gravi perdite ai frutti di ciliegio acido e dolce, soprattutto nelle stagioni con tempo molto umido durante la fioritura o immediatamente prima del raccolto. Le perdite sono associate principalmente alla peronospora della fioritura, che riduce l’allegagione e la resa potenziale, e al marciume bruno sui frutti in maturazione. M. laxa e M. fructicola causano principalmente la peronospora. M. laxa si adatta bene alle temperature relativamente basse della primavera, causando infezioni a temperature fino a 5°C con un breve periodo di umidità. Al contrario, M. fructicola mostra una maggiore aggressività e capacità di infezione a temperature comprese tra 20 e 25°C. I fiori sono infettati principalmente dai conidi (anamorfi), che possono essere diffusi dalla pioggia o dal vento. Quando le spore di M. laxa atterrano su tessuti sensibili, germinano in 2 ore in presenza di umidità e temperatura favorevoli. Tuttavia, per M. fructicola, la durata dell’umidità gioca un ruolo essenziale nel percorso di infezione. Senza acqua, l’infezione è quasi assente, anche in presenza di un grande inoculo, mentre con un periodo di bagnatura di 15 ore, oltre l’80% delle ciliegie è infettato dal patogeno. Il teleomorfo, raramente presente in M. laxa, svolge un ruolo significativo nel ciclo vitale di M. fructicola. Gli apoteci formati sui frutti mummificati caduti producono ascospore, un’ulteriore fonte primaria di inoculo. Le ascospore non sono ancora state trovate nei frutteti europei.

Le infezioni latenti sono un collegamento essenziale tra la peronospora e il marciume della frutta. Questa infezione deriva da conidi che hanno germinato ma hanno smesso di crescere, per riprendere solo quando i frutti sono maturi. L’incidenza delle infezioni latenti di M. fructicola su frutti immaturi di ciliegio dolce supera quella di Botrytis cinerea su ciliegio, e le infezioni hanno avuto luogo dopo 6-12 ore di bagnatura piuttosto che dopo 18-24 ore, quando si sviluppa il marciume attivo.

Tutte e quattro le Monilinia spp. possono causare il marciume bruno dei frutti e tutte sono presenti sugli stessi frutti, il che indica la loro presenza nel frutteto e la potenziale competizione nella colonizzazione dell’ospite. Le interazioni tra le specie possono verificarsi durante la formazione e la maturazione dei frutti. Nel caso delle ciliegie acide, le infezioni dei frutti sono più rare. Lo stadio fenologico ha un effetto significativo sulla suscettibilità dei frutti alle infezioni. Le ciliegie sono inizialmente resistenti all’infezione dei conidi di M. laxa prima che i frutti inizino ad assumere il colore rosso. I frutti infetti sono coperti da macchie putrefattive, dalle quali compaiono sporodochia (ife) con conidi. I conidi dispersi da insetti, pioggia e vento penetrano negli stomi, nelle lenticelle e nelle microfessure della buccia del frutto. La concentrazione di conidi influisce sulla comparsa delle lesioni sul ciliegio dolce, riducendo il tempo di incubazione da 5 a 2 giorni. Con il tempo, il frutto si mummifica e il micelio che cresce su queste mummie si aggrega gradualmente in pseudoscleroti, che sono una fonte di inoculo primario per le infezioni dei fiori nella stagione successiva. Allo stesso modo, il teleomorfo di M. fructigena e M. polystroma non svolge un ruolo significativo nel loro ciclo vitale.

L’incidenza della malattia nella fase di post-raccolta è legata a fattori quali il raffreddamento rapido, la corretta refrigerazione e l’imballaggio, poiché, più di altre drupacee, le ciliegie dolci sono caratterizzate da una breve vita post-raccolta (4-7 giorni nelle celle frigorifere convenzionali) e, in questa fase, sono molto suscettibili ai marciumi da Monilinia. In particolare, la presenza di fratture cuticolari o di lesioni minute simili è positivamente correlata alla comparsa di marciume bruno. La colonizzazione pre-raccolta si verifica dalla caduta dei petali alla raccolta, determinando infezioni latenti sui frutti di ciliegio in maturazione. Quando la resistenza dei frutti diminuisce, si verifica la crescita del patogeno, con conseguenti sintomi di marciume bruno.

Tradizionalmente, l’identificazione di Monilinia spp. si basava sulle caratteristiche morfologiche delle colture fungine coltivate su terreni nutritivi artificiali, come il colore, il margine e il tasso di crescita della colonia, la sporulazione e le dimensioni delle spore o il modello di crescita in provetta. Tuttavia, l’esistenza di isolati atipici all’interno delle specie e la necessità di individuare precocemente le infezioni quiescenti hanno reso necessario lo sviluppo di metodi molecolari più accurati e meno dispendiosi in termini di tempo per l’identificazione di Monilinia spp. Tali procedure diagnostiche comprendono un saggio di PCR multiplex e un saggio di PCR basato sulla presenza e sulle differenze di dimensione di un introne del gene del citocromo b.

Le pratiche culturali, come la rimozione dei frutti marci o delle mummie e la potatura dei rametti infetti, riducono i livelli di inoculo ma non eliminano la malattia. Il controllo degli insetti è essenziale per un’efficace gestione del marciume bruno e per i trattamenti fungicidi protettivi. I fungicidi disponibili per il controllo del marciume bruno appartengono ad almeno 12 classi chimiche diverse, ma i più efficaci appartengono alle classi dei triazoli, dei fenilpirrolici e delle anilinopirimidine che inibiscono la demetilazione (DMI). Il momento dell’applicazione del fungicida è critico per il controllo della peronospora, perché i fiori devono essere protetti prima che l’umidità prolungata e le temperature miti favoriscano l’infezione. Nel caso dei frutti, poiché la resistenza dell’ospite aumenta con la fase di indurimento dei noccioli e diminuisce circa tre settimane prima del raccolto, la fase critica è quella immediatamente precedente al raccolto. Tuttavia, si raccomanda l’applicazione di fungicidi alla caduta del nocciolo e prima della raccolta per le ciliegie dolci e acide, con un’ulteriore irrorazione a metà stagione per le ciliegie dolci. Per ridurre l’uso dei fungicidi sono stati sviluppati sistemi di analisi del rischio e di supporto alle decisioni. Parametri come la temperatura, le condizioni di umidità, il potenziale di inoculo, le infezioni latenti e le fasi fenologiche dei frutti, come la fioritura e la maturazione, possono fornire una previsione del rischio per una valutazione anticipata della gravità della malattia, aiutando a prendere decisioni relative al programma di irrorazione fungicida. Il controllo biologico del marciume bruno delle ciliegie è stato ottenuto con funghi epifiti come Aureobasidium pullulans ed Epicoccum purpurascens, ma non è ancora utilizzato a livello commerciale. La raccolta e la manipolazione dei frutti con attenzione per evitare lesioni, il raffreddamento tempestivo dei frutti dopo la raccolta mediante raffreddamento idroelettrico o ad aria forzata, l’uso di contenitori puliti per contenere i frutti e la raccolta tempestiva dei frutti aiutano a ridurre il marciume bruno post-raccolta. Per evitare la diffusione di spore di Monilinia nell’acqua di raffreddamento, è consuetudine aggiungere cloro o biossido di cloro; tuttavia, ciò può essere insufficiente a causa dell’instabilità del cloro nell’acqua contenente materia organica. L’aggiunta di acido peracetico nell’acqua di raffreddamento sembra essere una valida alternativa al cloro.

Malattie degli alberi

Marciume del colletto delle radici da Phytophthora

Diverse specie di Phytophthora causano questa malattia: P. cambivora, P. megasperma, P. drechsleri, P. cryptogea, P. cinnamoni, P. citricola, P. cactorum, P. citrophthora, P. syringae e altre specie non identificate con un’ampia gamma di ospiti. Un albero indebolito può diventare un “terreno” di coltura e varie specie di Phytophthora possono causare marciumi. L’allagamento prolungato del terreno è il principale fattore predisponente. Nei frutteti ben gestiti, la malattia è raramente riscontrata; ad esempio, in un’indagine condotta nell’Italia meridionale, Phytophthora spp. è stata isolata solo nel 3% dei campioni.

I sintomi sulla chioma delle piante infette sono generalmente aspecifici, come la scarsa crescita, la decolorazione, l’ingiallimento e la caduta delle foglie, il deperimento, l’appassimento e il collasso di germogli e impalcature. Anche i giovani alberi possono collassare e morire poco dopo la ripresa della crescita in primavera, spesso a seguito di un autunno/inverno eccessivamente umido. Gli alberi ben consolidati possono morire nel giro di settimane o mesi dopo diverse stagioni di crescita dai primi sintomi. Alla base delle piante colpite (colletto e chioma) si possono osservare sintomi più specifici, come la corteccia in decomposizione che diventa marrone, depressione e necrosi. La decolorazione può estendersi un po’ all’alburno, ma il patogeno non può colonizzare lo xilema. Le carie possono presentare fessurazioni della corteccia con o senza essudazione di gomma. Se si raschia la corteccia esterna, si nota un confine netto tra i tessuti infetti e quelli sani. I primi sintomi si manifestano nei settori della chioma al di sopra del tronco. I cancri possono avvolgere l’albero, causandone la morte; se il cancro si sviluppa oltre il 50% della circonferenza del tronco, la pianta deve essere sostituita. I cancri iniziano a crescere dal tessuto sotterraneo della chioma, estendendosi verticalmente lungo il tronco. A seguito dell’attacco all’apparato radicale, le radici nutrici sono poche e deperite, con decolorazione della corteccia da marrone scuro a nera, mentre lo stelo rimane inizialmente bianco. Il tessuto della corteccia delle radici più grandi mostra un decadimento simile a quello descritto per il tessuto del colletto, ma senza essudazione di gomma, e alla fine si dissolve nel terreno. Le piante indebolite da fattori ambientali sono più inclini al marciume radicale.

Sono stati stabiliti protocolli di identificazione molecolare. L’isolamento del patogeno può essere più difficile in estate, quando i sintomi sono più evidenti che in primavera e in autunno. Phytophthora spp. è un comune abitante del suolo, ma può anche penetrare nei frutteti attraverso particelle di terreno sulle radici, sugli strumenti di lavoro, sul vento o sull’acqua. I miceli producono sporangi tra due eventi di saturazione del suolo, quando il terreno ha un buon bilancio di ossigeno; le zoospore vengono rilasciate dagli sporangi quando il terreno diventa saturo. In generale, le temperature della primavera e dell’autunno sono favorevoli all’attacco. Il patogeno può sopravvivere nei tessuti vegetali, ma in condizioni ambientali avverse, a seconda della specie di Phytophthora, può sopravvivere sotto forma di oospore e clamidospore nel suolo o nei tessuti dell’ospite per diversi anni.

Le misure preventive si basano sulla gestione dell’acqua e sull’uso di portainnesti tolleranti. In primo luogo, è necessario evitare i terreni poco drenati o non livellati. Poiché le zoospore vengono rilasciate durante ogni irrigazione, ridurre al minimo la frequenza di saturazione del suolo (irrigazione dopo la richiesta) aiuta a prevenire l’infezione. Gli alberi devono essere irrigati in base alla richiesta di evapotraspirazione. La chioma e il tronco non devono mai essere bagnati dall’irrigazione e la piantagione su letti rialzati riduce il rischio di malattia. Sono state osservate maggiori perdite su Mahaleb rispetto al portainnesto Mazzard. Le marze sono più sensibili dei portainnesti e gli alberi devono essere piantati a una distanza adeguata dalla marza al terreno. Il controllo chimico è difficile. La fumigazione con Vapam® può essere una soluzione in vivaio, ma non in campo per l’impianto e il reimpianto. Dopo l’impianto, i fungicidi sistemici metalaxil e fosetil-alluminio hanno fornito, in alcuni casi, un certo livello di protezione.

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